©Attilio Micheluzzi

  • Attilio Micheluzzi ( Umago 1930, Napoli 1990)

    Quella di Micheluzzi è in sostanza una proustiana ricerca del tempo perduto, dichiarata già dal sottotitolo del secondo volume dedicato all’ambiguo Marcel Labrume il cui cognome evoca appunto quella brumosità psicologica di un antieroe che vive in un tempo e in un luogo dai confini incerti; siano essi geografici, professionali o morali. Micheluzzi invita i lettori su un terreno precario per lasciarli improvvisamente disorientati per mezzo di una sceneggiatura nervosa e scattante, fatta di ellissi temporali che pretendono un attivo lavoro di cucitura mentale da parte del lettore. Il “lector in fabula”, con l’incertezza della fonte e dell’autenticità delle informazioni che va leggendo, si trova in mezzo a una collisione letteraria, una sorta di deragliamento nel quale si compenetrano la voce conscia del protagonista, per esempio Marcel che agisce esprimendosi (nella nuvoletta) con l’indicativo presente, e la voce narrante della memoria di Marcel (nella didascalia) che, sul modello del noir cinematografico, si esprime con il passato remoto per raccontare, fuori campo, fatti trascorsi. La limpidezza della sceneggiatura scivola così su un terreno letterario sdrucciolevole, manifestazione linguistica dell’ambiguità psicologica dei personaggi quanto della contingenza storica. Il risultato è equivoco e il lettore si trova in un costante pericolo di fraintendere, proprio come accade ai protagonisti. Equivocità che riecheggia anche nelle illustrazioni dove alle inquadrature oggettive si alternano le soggettive, le semisoggettive e le false soggettive in una combinazione tensiva continua tra ciò che è e ciò che sembra, tra vero e presunto tale. Alla fine, il tempo perduto che Micheluzzi evoca con la sua avvincente letteratura illustrata non è solo quello d’antan da lui vagheggiato ma anche il tempo incantato e terribilmente avventuroso che invita i lettori a trovare dentro loro stessi.

    Adriano Olivieri

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